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Silvia Arosio intervista Alessandro Simonini

Alessandro Simonini è attore, regista ed insegnante di teatro. Dirige l'Accademia di Arti Sceniche Olistage e collabora con Franco Miseria per il Centro Studi Musical di Roma. Dopo gli studi classici e le esperienze in palco ha intrapreso un percorso di ricerca nell'ambito della comunicazione trovando suggestive connessioni tra creatività e alcuni fenomeni osservati dalla fisica e dalle moderne neuroscienze. Questo lavoro ventennale lo ha portato all'ideazione di un metodo per attori e professionisti della comunicazione di immediata efficacia. Il metodo garantisce eccellenti risultati anche senza il ricorso alla psicotecnica: senza cioè attingere a quegli eventi spesso sgradevoli o tragici sepolti nel passato degli allievi. 

Dice Simonini: “Sono sempre più convinto che un artista sano sia anche un artista più felice. Ho tenuto centinaia di lezioni e stage, frequentati spesso da psicoterapeuti.  Collaboro con il Centro Studi Musical di Franco Miseria e con altre scuole a Roma e a Latina.  Sono regista e autore teatrale.  Una prima sintesi della ricerca e del metodo è presente nel manuale "Senza emozione non c'è comunicazione".

Visto il mio interesse per la "sincronicità", ho voluto intervistare per voi Simonini. Ho posto domande che mi interessavano come persona ed amante del teatro, prima che come giornalista. E non pensiate che questa tecnica interessi solo gli attori di prosa, ma anche i performer di musical, come ho notato indagando sul sito di Simonini e come potrete vedere dai video presenti in rete (nello staff dei corsi anche Franco Miseria).

 

1. Alessandro, parlare di fisica quantistica e sincronicità, in queste pagine, sarebbe troppo lungo. Riesci a dirmi in due parole di cosa si tratta?

 

In breve ti dirò come tutto ebbe inizio. Durante i primi laboratori teatrali cominciarono ad accadere alcuni fenomeni curiosi che esulavano dalle finalità sceniche: cominciammo per esempio a fare gli stessi sogni e addirittura ad incontrarci all'interno di essi.Ricordo che con una persona, il giorno dopo, confermammo le stesse interazioni: fui in grado di descrivere la sua casa fin nei minimi dettagli. La fisica moderna ipotizza che un tale passaggio di informazioni avvenga indipendentemente dal tempo e dallo spazio. Non ci sono onde radio che viaggiano nell'etere e nessuno strumento oggi sarebbe in grado di registrare un tale fenomeno psichico. A mio avviso il migliore strumento resta la nostra coscienza, anche se indizi incoraggianti si riscontrano negli esperimenti dei fisici che lavorano nei chilometrici acceleratori di particelle. Io cominciai a trovare altrettanto affascinante e forse più divertente osservare e sperimentare le implicazioni della fisica quantistica nel mondo della comunicazione tra esseri viventi.

 

2. Per una...coincidenza, siamo entrati in contatto. Cosa pensi delle coincidenze? Secondo te esistono e cosa significano?

 

Quando smettiamo di lottare, di essere ansiosi e di preoccuparci per il nostro futuro, entriamo in un flusso armonico in grado di farci compiere miracoli, di condurci davvero ovunque o farci incontrare le persone giuste. Le coincidenze sono un richiamo proveniente dal nostro destino intessuto con quello di altri, una via da riportare alla luce perché è quella che conduce alla realizzazione della nostra felicità più vera.

 

3. Quando sei venuto a conoscenza di questa teoria e come?

 

A un certo punto cominciai a non trovare sufficienti le argomentazioni degli esperti di teatro nei confronti della grande magia della comunicazione emozionale tra attori e spettatori. E così mi guardai intorno... Da bambino avevo l'abitudine di smontare i giocattoli per vederne i meccanismi... cercavo addirittura di cambiarne l'aspetto rimontandoli con altri. Forse la stessa curiosità mi portò poi in libreria a saltellare dagli scaffali di teatro e quelli più lontani di fisica, da quelli di psicologia a quelli meno distanti di pnl e neuroscienze.

 

4. In quale momento hai capito che potevi applicare tali teorie al teatro?

 

E' accaduto gradualmente e molto semplicemente. Nei momenti in cui mi sentivo “nel flusso” ho solo messo insieme i tasselli che hanno condotto alla formulazione di un metodo. E come scrivo nel libro "L'Attore quantico", il metodo è semplice, come dovrebbero esserlo tutte le cose che si ispirano alla natura, e per questo facilmente integrabile da chiunque. Quello che non applichiamo è quasi sempre dovuto al fatto che quando l'universo ci parla, siamo girati dall'altra parte.

 

5. In che senso il teatro è sincronico?

 

La sincronicità è la relazione che mette in risonanza attore e spettatore. E' il risultato dell'incontro tra le loro esperienze passate e le loro aspettative future. La mappa emozionale comune è l'opera che si rappresenta. Quello che oggi io sento è che il momento reso eterno dall'arte è sempre la risultante di due forze in contrasto: una tendenzialmente entropica e distruttiva, obbligata a seguire la linea del tempo e l'altra magnetica, ispiratrice e vitale proveniente dal futuro. Stramba visione che la fisica sempre più tende a confermare con la ricerca di particelle più veloci della luce e dunque in grado di tornare indietro nel tempo. Questa magia che rende sublime l'incontro tra attori e spettatori non si verifica sempre, ma sarebbe auspicabile che lo facesse. Purtroppo ci sarà sempre lo spettatore che durante lo spettacolo risponde al telefonino, ma quello va considerato come un semplice test da superare, o come un moscerino sul parabrezza.

 

6. In che modo l'attore può costruire e vivere su di sé il personaggio, senza essere sopraffatto dalle emozioni negative?

 

La mia soluzione è quella di non fare ricorso alla psicotecnica. Di non attingere cioè al nostro vissuto reale per rivivere emozioni negative. Perché in tal caso siamo sempre a rischio di intossicazione anche post spettacolo. Possiamo confidare invece nel nostro archivio storico di memorie emotive pronte all'uso. La mia tecnica si basa su un lavoro posturale e di respiro: attingendo al centro di energia posto a livello addominale andiamo a stimolare la produzione di quei mediatori chimici utili allo scopo. E' giusto che l'attore viva la sua emozione fino in fondo, ma solo per il tempo necessario. La stessa tecnica sarà utile infatti poi per ritrovare il buon umore. Dopo la sbronza di pessimismo richiesta dal testo sarà sufficiente differenziare in allegria e attivare le endorfine della felicità. Io sono pronto a sottopormi a verifiche strumentali per dimostrare una tale alternanza nell'attività chimica dell'organismo. Intanto posso dare un suggerimento che non costa nulla: la prossima volta che vi sentite tristi, per dare un comando efficace al vostro organismo, cominciate a ridere anche senza motivo. Stampatevi un bel sorriso sulla faccia attenti a rendere partecipi anche gli occhi, e fatelo durare il più a lungo possibile.E' un esempio di come un effetto sia in grado di ricostruire la causa. La chiamo "retroingegneria dell'emozione".

 

7. Perchè il teatro è catartico? Come mai, secondo te, il pubblico che vede re-presentata un'emozione sul palco può “viverla” per interposta persona e superarla?

 

Ogni opera in sé non esiste se non attraverso il filtro dell'osservatore, delle sue esperienze, della sua sensibilità e della sua cultura. Inoltre, se l'opera attinge ai simboli dell'inconscio collettivo, anche una persona priva di adeguati strumenti critici sentirà vibrare in sé emozioni inaspettate che lo cambieranno per sempre. E' il caso dello spettatore che dice: “Non ci ho capito niente... ma mi ha emozionato tanto!” La verità è che siamo tutti in viaggio, nessuno escluso. Luoghi di condivisione quali il teatro sono la dimostrazione di quanto ci affascini il mistero di chi e che cosa siamo, e ci spinga ad esplorare ancora oltre la linea dell'orizzonte. Quando vediamo una storia rappresentata in scena o sullo schermo cadiamo in una forma di ipnosi più o meno leggera. Riviviamo le nostre esperienze passate, i nostri errori, le origini dei nostri rimpianti: ci analizziamo, ci mettiamo a nudo e grazie alla possibilità di vederci da un punto di vista esterno, riusciamo ad accettarci e a perdonarci. In questo, il teatro, come ogni altra forma di manifestazione artistica, è curativo e catartico.

 

8. In cosa consiste quindi l'Attore Quantico? Come si sviluppa il tuo metodo?

 

L'attore quantico è chiunque diventi finalmente consapevole della sua natura multidimensionale. L'attore quantico sa che la comunicazione tra esseri viventi, e quindi anche tra attori e spettatori, avviene spesso in forme non convenzionali ma molto potenti. Sa che potrà attingere ad un oceano infinito di energia indifferenziata, che attende solo di essere trasformata dalla sua coscienza in forme spettacolari e creative uniche. Questo è un concetto sicuramente "no-global", in quanto prende le distanze dall'idea mistica o filosofica che “tutto è uno.” In realtà tutto è uno fino a quando è caos indifferenziato, un calderone ribollente di materia oscura. Poi arriva l'artista, plasma tale energia e la differenzia in qualcosa di sensato che prima non esisteva. Questa è la magia. E trovo che sia meraviglioso! Per giungere a questi risultati il metodo abbina al consueto training per l'attore una serie di esercizi multisensoriali e di visualizzazione che stimolano l'affiorare di certe percezioni. Comunque anche il solo fatto di aver letto queste righe significa essere già entrati in parte nel metodo, specialmente se chi legge intravede relazioni che prima ignorava. Le cose che scopriamo, quando sono vere, ci cambiano per sempre. E in meglio.

 

9. Che benefici può portare questa attività? “Effetti collaterali”?

 

Ci rende senz'altro più felici. Questo genere di training apre le porte della percezione e della creatività senza alcun ricorso a sostanze esogene o psichedeliche. Ci offre gli strumenti per scegliere l'emozione preferita e farla durare. La sintesi divertente di un tale percorso può essere: “Conosci te stesso interpretando gli altri”. Effetti collaterali solo positivi. La presa di distanza dalla psicotecnica è principalmente un allontanamento dall'idea che l'artista debba sempre soffrire e consumarsi per riuscire a comunicare la sua ricchezza interiore. Oggi non ce n'è più bisogno. Basta con artisti ciclotimici e maniaco depressi. Basta con scrittori, musicisti e pittori suicidi. L'artista può anche calarsi nelle profondità più torbide e inquietanti del suo sentire, ma col metodo sperimenterà validi strumenti per tornare in superficie, consapevole che ogni esperienza e ogni esplorazione sono parte di un suggestivo e immenso gioco delle parti. Come hai anticipato tu all'inizio, per me un artista sano è anche un artista più felice. Essere eccellenti attori è solo uno degli effetti collaterali positivi di una tale formazione.

 

10. Quando, dove e come sarà possibile seguire un tuo corso?

 

Per testare il metodo è possibile frequentare lo stage di un giorno "Emozioni". Si tiene generalmente  la domenica a Roma presso lo IALS.

I miei corsi annuali si tengono invece presso il Centro Studi Musical di Franco Miseria, presso l'Istituto ISAD di Castelverde e a Latina presso la scuola BAILANDO. Tutte le informazioni si possono facilmente trovare su www.olistage.it

 

                       S.A.

Federico Ligotti intervista Alessandro Simonini

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Incontriamo per PRIMAPAGINANEWS l'autore di “Senza emozione non c'è comunicazione”. Alessandro Simonini è insegnante di recitazione e direttore dell'Accademia di Arti Sceniche Olistage di Roma. È anche responsabile del laboratorio teatrale del Centro Studi Musical di Franco Miseria.

 

Ciao Alessandro, vuoi raccontarci in breve chi sei, la tua storia artistica?

Con piacere. Ho studiato recitazione con Alessandro Fersen e Dominic De Fazio. Poi con Susan Strasberg, seguendo e applicando per anni il metodo dell'Actors Studio ideato dal padre Lee. Debuttai presto in un piccolo ruolo in “Una giornata particolare” per la regia di Vittorio Caprioli. Seguirono poi diverse stagioni di esperienze teatrali e anche televisive con la Rai e con il I canale tedesco ARD.

 

Quando cominciasti ad occuparti di formazione dell'attore?

Fu inevitabile. Entrai in una compagnia stabile specializzata in lezioni-spettacolo di storia del teatro per licei ed istituti pubblici. Erano lezioni innovative. Sapevamo come avvicinare i giovani al teatro. Nel corso della stessa mattinata li facevamo anche salire in scena come attori, preparandoli in tempi ristrettissimi, spesso nell'ordine della decina di minuti. I ragazzi, divertendosi, scoprivano il piacere di essere anche altri da sé. A Roma penso che fummo certamente i primi ad aver realizzato un format, come direbbero oggi, di questo genere. In venti anni circa di attività abbiamo fatto divertire migliaia di studenti. Parallelamente cominciai a tenere ogni anno anche due o tre laboratori teatrali finalizzati ad una vera messa in scena. Infine riuscii ad aprire una scuola.

 

Alessandro, parliamo del tuo libro, che è sicuramente il frutto di tutta questa esperienza maturata sul campo. Qual è in breve la trama?

Il libro descrive quello che accade a sette allievi nel corso di uno stage di cinque giorni sulla tecnica delle emozioni. Insieme a loro il lettore osserva e sperimenta le suggestive relazioni che ci sono tra emozione, comunicazione, colori, musica, neuroscienze e anche alcuni fenomeni ai confini della stessa fisica. Ma scopre, più che altro, qual è un metodo pratico per avere più coraggio nella vita e portare armonia nel suo sentire quotidiano.

 

Con questo manuale appare evidente che tu non voglia rivolgerti solo agli attori.

Vero. Grazie per averlo chiarito subito. Te lo confermo con uno slogan: diventare eccellenti attori è solo uno dei molteplici effetti collaterali positivi di questa formazione.

 

Infatti già nella premessa dichiari di non fare distinzione tra teatro e vita. “Superata la prima audizione alla nascita - scrivi - siamo tutti attori!” Prima mi hai detto una cosa che mi ha colpito. Questo è il manuale che avresti da sempre voluto leggere...

… e non trovandolo da nessuna parte, alla fine l'ho scritto io. È sinceramente quello che penso, suona un po' paradossale lo so.

 

Entriamo nel vivo dei tanti argomenti che tratti nel tuo saggio. Il rapporto con noi stessi e con gli altri viene da noi valutato quotidianamente proprio dallo scorrere incessante delle nostre emozioni. Il tuo titolo ne è una sintesi efficace: senza emozione non c'è comunicazione?

Possiamo tranquillamente dire che senza emozioni noi semplicemente non ci sentiremmo vivi!

 

Noi siamo esseri sociali. Il viaggio che inviti a fare nel labirinto delle nostre emozioni come può permettere di aprirci all'altro da noi?

Per mezzo dell'osservazione e dell'accettazione degli altri escludendo ogni forma di giudizio. Ma occorre essere sufficientemente evoluti per arrivare a questo. Noi, in realtà, comunichiamo in forme ancora poco note. Per esempio, quando proviamo simpatia o antipatia per uno sconosciuto significa che qualcosa tra noi è stato comunicato ancor prima delle presentazioni. Lo abbiamo sperimentato tutti. Per la simpatia non vedo problemi. Ma se a pelle qualcuno non ci piace, sarà difficile costruire insieme a lui un rapporto di stabilità e rispetto.

 

Cosa possiamo fare in un caso simile?

In questo caso vedo solo due alternative possibili: l'allontanamento o l'empatia. La prima scelta prevede un rapido a mai più rivederci e grazie; se scegliamo invece la seconda possibilità, ci attiveremo in maniera intelligente e paziente per applicare alla lettera il significato del termine empatia, sentire cioè quello che l'altro sente, cercando di capire come lo sente. Gli allievi nel libro, e il lettore con loro, fanno alcuni esercizi specifici per arrivare a questo grado di consapevolezza, attivando un loro punto di vista sempre meno soggettivo che viene definito come il nostro supervisore.

 

Il libro alterna brevi capitoli di saggio ad una fluente scrittura scenica, da moderna pièce teatrale. Oltre alla figura del regista, facilmente identificabile con l'autore, quali sono le caratteristiche degli altri personaggi?

Sono sette allievi, tra uomini e donne, di diversa cultura e differenti personalità: qualcuno estroverso, qualcun altro invece introverso. C'è una studentessa di medicina, Dora, affascinata dai riscontri che la tecnica incontra sul piano delle neuroscienze; poi Mimmo, il simpatico blogger, ingegnere mancato, che di lei si innamora; Fabrizia, mamma a tempo pieno, in cerca di lavoro e con un marito assente; Renato, psicologo inizialmente critico nei confronti del metodo; Solidea, studentessa di fisica, interessata alle ardite relazioni tra il metodo e la stessa fisica quantistica; Simone, giovane bello e sportivo, che vede ridimensionata la sua certezza di piacere a tutte; infine Lamberto, il timido e introverso che impara a ruggire di passione e a farsi intraprendente anche con l'altro sesso. Per questi allievi, come per tutti noi, le emozioni sono importanti. Sono fondamentali per stabilire quali siano le scelte giuste o sbagliate in termini di punizione o premio. Ciò che ci fa stare bene è buono e va fatto sempre durare.

 

Mentre quello che ci deprime o che ci fa soffrire è cattivo e va scartato dal nostro quotidiano?

Direi di si. Appena si è compresa la lezione di una qualsiasi esperienza traumatica è sempre bene voltare pagina con un bel sorriso e guardare avanti.

 

Non è sempre facile.

Cominciamo intanto a non voler subire passivamente le nostre peggiori emozioni. Rendiamole almeno produttive. Stai male? Scrivi una canzone triste, esteriorizza il tuo stato d'animo in un quadro, in una poesia... ma alla fine, sempre, soddisfatto ridi.

 

E se non hai un talento artistico?

Allora, per non implodere, l'emozione negativa puoi davvero solo cercare di relativizzarla.

 

Identificandoti con il tuo supervisore?

Esatto. Sempre meno spugna e sempre più superficie riflettente. Le cose accadono in continuazione là fuori, intorno a noi e verso di noi. Precipitano nella nostra vita. Può essere un fatto improvviso, qualcuno che incrociamo per strada, qualcosa che vediamo, una brutta notizia che ascoltiamo. Siamo bombardati quotidianamente da input emozionali sgradevoli. Ed ecco che dentro di noi avviene un cambiamento chimico che produce un'emozione. La linea di minor resistenza viene imposta generalmente dal nostro carattere. Siamo appunto spugne o specchi riflettenti? Uno stesso evento può produrre interpretazioni, significati e quindi emozioni diverse, a seconda che siamo tipi introversi oppure estroversi, artisti o razionali. Dipende sempre da noi riuscire a filtrare solo quello che ci fa davvero star bene. Non ho immediate soluzioni per il masochista, fino a quando egli non riconoscerà di essere vittima di una sua scelta e non scoprirà quanto una carezza possa essere più piacevole di uno schiaffo.

 

Ci sono persone bloccate per un loro corto circuito altrettanto profondo: sono depresse, demotivate e deboli e non sanno neanche il perché. Come fare a gestire meglio questi stati d'animo? Come uscire, per esempio, dalla timidezza, dall'apatia o dalla frustrazione tipica di chi non riesce a raggiungere i suoi obiettivi?

Come dicevo, per prima cosa dobbiamo imparare ad avere coraggio. E qui giunge la prima sorpresa. Il coraggio che intendo parte da un principio meno convenzionale. Per prima cosa dobbiamo nutrire il coraggio di perdonarci e di amarci. Questo primo passo si rivela indispensabile. Ci consentirà di affrontare con sicurezza, e non con aggressività, le scene e specialmente la vita. Chi ha paura, fugge o aggredisce. La vera sicurezza di sé invece ha un immenso potere. In certi casi supera l'efficacia dell'aggressività nell'ottenimento di un risultato. Ma mirando alla condivisione piuttosto che alla predazione, migliora noi stessi e gli altri. L'ho definito “il terzo schieramento”. Né predatori, né prede, ma uomini e donne consapevoli del proprio e dell'altrui diritto alla felicità. Aperti e disponibili. Non aggrediscono, ma possiedono tutti gli strumenti per rimandare al mittente ogni tentativo di attacco indesiderato.

 

E il libro spiega come raggiungere una tale sicurezza?

Il libro non solo spiega come, ma ci invita a non perdere tempo e a provarci subito, pagina dopo pagina. Anche perché, e questo è l'aspetto rivoluzionario del metodo, per risolvere le nostre più comuni inquietudini e insicurezze, spesso non sono necessarie lunghe sessioni di psicoterapia. Da anni ho preso le distanze dalla psicotecnica. La soluzione si può ottenere anche nel tempo di un respiro. Continue conferme le possiamo trovare anche in ambiti scientifici apparentemente distanti.

 

Nel manuale, come hai accennato prima, si parla infatti di pnl, di neuroscienze e di fisica quantistica. Ma ho visto anche la presenza di un paio di capitoli dedicati ai “viaggi astrali”.

Nel corso di alcuni laboratori cominciarono ad accadere fenomeni straordinari che richiedevano di essere considerati, accettati e infine integrati. Le esperienze di confine presenti nel libro, a cui ti riferisci, hanno visto me ed altri come protagonisti. Nacquero senz'altro dall'uso frequente di certe tecniche che noi applichiamo in scena per essere più concentrati e creativi. Diciamo che ad alcuni di noi, senza ricorso a sostanze esogene, cominciarono ad aprirsi le porte della percezione. Non direi di più per non togliere il piacere della lettura. Comunque, un vero artista non potrebbe desiderare di meglio.

 

Sono argomenti da interpretare con molta cautela, applicando sempre, in ugual misura, ragione e sentimento. È per questo che tra i tuoi personaggi ci sono “casualmente” un medico, uno psicologo e una studentessa di fisica?

Sì, desideravo che il regista avesse valide alternative per non imporre il suo punto di vista. Volevo che si facesse qualche volta da parte per dare spazio alle considerazioni di allievi già sufficientemente formati. Il caso ha voluto che alcuni di loro fossero specializzati proprio in queste materie. Sono stato fortunato!

 

Si, il classico caso voluto dall'autore!

Inoltre trovo incoraggiante sapere che anche la scienza ufficiale conferma le suggestive scoperte delle moderne neuroscienze, alla base del metodo.

 

Leggendo gli esercizi e i tanti giochi scenici sperimentati dai personaggi, viene voglia di provare noi stessi l'efficacia delle tecniche. È quasi impossibile fermarsi ad una lettura silenziosa e mentale.

Grazie, è proprio quello che volevo ottenere. La lettura di questo manuale è consigliata ad un'ampia e felice fascia di lettori, perché lo considero davvero un integratore naturale per tutti e a largo spettro d'azione. Per me lo è stato scrivendolo.

 

Aspettiamo allora la presentazione ufficiale del libro. So che verrà organizzata in una forma meno convenzionale.

Sì, non ci sarà la solita distanza tra autore e pubblico coperta solo da domande e risposte. Faremo dimostrazioni pratiche per consentire a tutti di sperimentare immediatamente l'efficacia del metodo. Rideremo, proveremo rabbia, tristezza, odio, gioia, nostalgia e amore in modo genuino e sincero. Semplicemente... scopriremo di poterlo fare a comando.

 

Sarò presente. Ti ringrazio Alessandro, e buon lavoro!

Grazie a te!

 

                                 F. L.

 

 

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